IL BRACCIO E LA MENTE


Il significato di "sentire la palla" e come prevenire le giornate "no"

Mi sono sempre chiesto, a livello biomeccanico e mentale, quale sia il significato di "sentire la palla". Mi spiego meglio. A parità di allenamento, ci sono dei giorni in cui hai piena consapevolezza di ciò che fai,  hai buone sensazioni, sei in pieno controllo. Altri in cui non la senti, non ti riescono cose che solitamente sono facili per te e hai brutte sensazioni. Mi chiedevo in maniera molto concreta questo da cosa deriva e se ci si può lavorare in allenamento. Rocky Firenze

È innegabile che nella vita ci siano "giornate si" (in cui sembra che tutto fluisca senza grosso sforzo) e "giornate no". Ma non sempre ciò è dovuto al caso… Innanzitutto è bene puntualizzare che in un campo da tennis ci sono diversi "protagonisti" che possono condizionare il mio stato e che io stesso posso condizionare me stesso e gli altri con il mio atteggiamento. Di conseguenza, non tutto dipende dal fato e, in parte, io per primo posso essere artefice del destino di una situazione.
Consentitemi di fare un esempio abbastanza quotidiano: penso che alla maggior parte di noi piaccia il cioccolato. Bene: Prendo un pezzo di cioccolata e lo ingoio senza masticarlo.  Ora prendo un secondo pezzo di cioccolata e lo tengo in bocca per tanto tempo; me lo faccio sciogliere in bocca; me lo gusto cercando di apprezzare il sapore e godermi il senso di piacere. Ora invece "fisso un appuntamento" con un terzo pezzettino di cioccolato: mi preparo a mangiarlo, lo metto in bocca e faccio le stesse cose che ho fatto nel secondo caso. Pur essendo il solito pezzettino di cioccolata ho probabilmente vissuto sensazioni diverse. Nel primo caso quasi non me ne sono accorto; nel secondo caso mi sono gustato il piacere di tenere il pezzettino di cioccolata in bocca tanto da farlo aderire a ogni singola parte della mucosa della bocca apprezzando tutte le le sensazioni che questo mi suscitava; nel terzo caso probabilmente queste sensazioni sono sorte prima ancora che il pezzettino di cioccolata lo mettessi in bocca. Posso dire addirittura che le sensazioni io le abbia previste e "visualizzate" in anticipo! Un altro esempio che avrei potuto proporre sarebbe potuto essere relativo ad un incontro con una persona amica: casuale e fugace, oppure casuale e prolungato, oppure programmato. Nei tre casi avrei avuto sensazioni diverse.
Tornando al tennis: il primo caso corrisponderà ad una partita di tennis giocata con scarso interesse, scarso entusiasmo, che non mi ha coinvolto. Probabilmente ho vinto o forse ho perso ma il mio incontro è passato sulla pelle senza che nemmeno me ne rendessi conto; non ricordo nemmeno che tipo di sviluppo abbia avuto. Il secondo caso equivale ad un ingresso in campo per un match in cui mi sono reso conto di dover giocare una partita, me la sono gustata, ho pensato a quello che dovevo fare, ma mi ha coinvolto solo dal momento in cui sono entrato in campo. Il terzo caso invece corrisponde ad un incontro che ho avuto modo e voglia di preparare e per il quale ho avuto il piacere di gustarmi in anticipo le sensazioni, di predispormi, di vedermi già in azione e quindi di entrare in campo già con la convinzione di vivere al 100% l'incontro, con tutte le sensazioni che l'incontro mi avrebbe trasmesso e con la la predisposizione probabilmente a "fare" l'incontro ed esserne protagonista razionale. Come nel caso del pezzettino di cioccolata, si tratta sempre del solito incontro ma vissuto in tre modi diversi! I protagonisti della partita possono essere sempre gli stessi: lo stesso campo, la stessa rete, le stesse palle, lo stesso avversario. Quello che cambia è il primo attore: IO. La stessa partita approcciata, vissuta in maniera diversa può portare risultati diversi (non dimentico certo la presenza "ingombrante" dell'avversario, ma la sua prestazione però comunque dipende da me). E allora, tornando alla richiesta di Rocky, sono convinto che gran parte delle responsabilità per l'ottenimento (come dice il nostro Rocky) della "piena consapevolezza di ciò che fai, delle buone sensazioni, del pieno controllo, o del non sentirla, a parità di avversario o condizione" è nostra. Dipende da quanto ci siamo predisposti prima dell'incontro a visualizzarci, a immaginarci; e poi, nelle prime fasi del riscaldamento, da quanto abbiamo cercato di ricostruire la nostra immagine appena prima visualizzata; da quanto abbiamo cercato le sensazioni positive che in allenamento abbiamo provato e che poco prima di entrare in campo abbiamo cercato con la nostra mente. Tutto questo ci consentirà di entrare in feeling con il terreno (i piedi "sentono e riconoscono"), con la palla (che tutti sappiamo trasmettere sensazioni, vibrazioni), con noi e i nostri colpi (partendo da quelli più "nostri" per passare in rassegna quelli di cui siamo meno fiduciosi, ma con i quali abbiamo bisogno fin da subito di entrare in fiducia). Solo così potremo essere, fin da subito, già caldi e giustamente attivati, e iniziare subito a prendere l'iniziativa.In allenamento, quindi impariamo a scaldarci, ma soprattutto a entrare in confidenza con il nostro corpo, con la nostra testa; impariamo a conoscerci e riconoscerci, per poter riproporre noi, il nostro tennis e le nostre sensazioni ogni qualvolta entriamo in campo.

Buon lavoro!

Giuseppe Giordano

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